Il diffuso rischio frane e rischio idrogeologico del complesso vulcanico Somma-Vesuvio è dovuto alle sue caratteristiche geomorfologiche. La gran parte dei fenomeni si verifica sui versanti Nord-orientali, dove sono presenti valli molto incise e ad elevata pendenza, in cui le alternanze di suoli e materiali piroclastici raggiungono spessori anche molto elevati e risultano facilmente mobilizzabili per effetto delle precipitazioni e del ruscellamento superficiale. Inoltre l’elevata ritenzione idrica di questi materiali incrementa il loro peso sul versante e ne favorisce la mobilizzazione. Fenomeni franosi possono interessare interi sistemi vallini, fino a raggiungere i centri abitati posti allo sbocco delle valli, determinando condizioni di alto rischio idrogeologico.
Fino a pochi decenni fa il territorio del Parco Nazionale del Vesuvio aveva ancora una connotazione fortemente agricola. Per far fronte ai frequenti franamenti dei versanti, specialmente del Monte Somma, i contadini hanno imparato a modellare i fianchi della montagna con sistemazioni agrarie che consentono, al contempo, di ottenere superfici coltivabili e sistemi di riduzione del rischio idrogeologico. Si tratta dei terrazzamenti e dei ciglionamenti. Questi si differenziano per la presenza nei primi di una muratura di sostegno, e nei secondi di terrapieni.
I Regi Lagni costituiscono una grandiosa opera di ingegneria idraulica del Regno di Napoli, innovativa ed all’avanguardia per l’epoca, nata per la regimentazione delle abbondanti acque meteoriche che innescavano frane o generavano a valle aree paludose. Il progetto fu affidato, agli inizi del XVII secolo a Domenico Fontana ed interessò un’area di circa 110.000 ettari della Piana Campana, su cui si innestò in un secondo momento anche la rete di sistemazioni del Somma-Vesuvio, su progetto dell’ingegner Carlo Afan de Rivera, sotto il regno di Ferdinando I di Borbone. Iniziata nel 1855, intensificata
dopo l’eruzione del 1906, l’opera di regimentazione delle acque del Somma Vesuvio è continuata fino a circa il 1936. Durante questo periodo vennero realizzati oltre 100 Km di canali e 21 Km di alvei strada, dotati di numerose briglie e di circa 35 vasche di assorbimento.
Sempre al fine di ridurre il trasporto a valle dei materiali solidi, dopo la Grande Guerra e fino al 1936, furono intraprese vaste opere di forestazione
“L’ingegneria naturalistica è una disciplina tecnico-naturalistica che utilizza le piante autoctone vive come materiale da costruzione, da sole o in abbinamento con altri materiali tradizionali e non.” (AIPIN)
Essa rappresenta lo strumento operativo capace di coniugare i princìpi di sicurezza con quelli fondamentali di tutela ambientale, in quanto comprende un insieme di tecniche in grado di prevenire il rischio
idrogeologico utilizzando, come principale materia prima, piante vive che con le loro radici accrescono la resistenza meccanica dell’opera e consentono una rapida rinaturazione dell’area di intervento.